Nel Regno Unito, il fotovoltaico batte il carbone...

Nel Regno Unito, il fotovoltaico batte il carbone ancora una volta. Quello che sembrava essere il record di un giorno e poi di qualche settimana è appena diventato il trend di un intero semestre. Da aprile a settembre di quest’anno, l’energia elettrica prodotta dai tetti e dai grandi impianti solari ha oscurato completamente quella ottenuta dalle vecchie centrali termoelettriche a carbone del Paese.


Lo scorso anno Londra ha annunciato di voler eliminare questa fonte fossile dal proprio settore energetico entro il 2025 e limitarne l’uso entro il 2023. Una delle carte sicure che avevano permesso al governo di rilanciare sulla fine delle sue nove coal powered stations ancora attive, era stata il nuovo (e costoso) piano di sviluppo nucleare, Hinkley Point C in primis.


Questo 2016 sta invece dimostrano alla Gran Bretagna quanto la generazione distribuita sia un’ottima scelta sui cui investire. In sei mesi, infatti, il fotovoltaico UK ha prodotto 6.964 GWh, ossia il 5,4% della domanda elettrica del Paese, contro i 6.342 GWh prodotti dal suo avversario fossile, fermo a quota 4,7% della domanda.



A determinare questo storico sorpasso hanno contribuito fattori differenti. In primo luogo, ovviamente, lo sviluppo del settore solare, protagonista di un vero exploit nel 2015. In secondo luogo, il periodo dell’anno dal momento che i mesi in questione, più caldi, sono associati a minori picchi nella domanda. Infine, determinante è stato l’aumento del prezzo del carbonio, unitamente alcune dinamiche di mercato che hanno favorito il gas piuttosto che il carbone.


Nonostante i risultati costituiscano un risultato record per il Paese, è necessario frenare facili entusiasmi: con l’avvicinarsi dell’inverno, il trend è destinato a investirsi.



Il futuro del fotovoltaico UK

Il valore simbolico di questa vittoria lascia però delle questioni sui cui riflettere.


Il fotovoltaico UK è cresciuto negli ultimi sei anni a una velocità impressionante (oggi supera gli 11 GW di capacità totale istallata) e avrebbe continuato su questa strada se il governo a dicembre dello scorso anno non avesse deciso di tagliare del 65% gli incentivi offerti al comparto. Per stessa ammissione del Governo britannico, i suoi progressi tecnologici e il suo sviluppo hanno fatto sì che divenisse un’opzione più a buon mercato di quella offerta da Hinkley Point. Perché insistere con il nucleare allora? Perché secondo Londra il solare comporterebbe costi aggiuntivi troppo onerosi per la rete elettrica nazionale, nel tentativo di integrare i carichi variabili della produzione fotovoltaica.


La Solar Trade Association (STA) ha fatto però qualche conto, mostrando che è vero l’esatto contrario. In uno studio pubblicato oggi, l’associazione prende in esame due scenari: lo scenario attuale e uno 2030 in cui si presuppone che il sole fornisca oltre il 10% dell’energia elettrica annuale del Regno Unito.


Secondo l’analisi di STA, il costo dell’integrazione del fotovoltaico nel sistema di alimentazione, comprese le spese per i sistemi di ‘back-up’, è “trascurabile”. Trascurabile significa che non peserà più di 1,30 sterline per MWh, ossia meno del 2% dei costi attuali.


font: www.rinnovabili.it